Regina mundi corredentrice dell'umanità

  • Regina Mundi - Icone - Poesia - Catechesi - Dialogo Ecumenico - Bibbia

domenica 29 aprile 2012

(Seconda parte)

«Il Regno del Messia non è di questo mondo. Esso è il Regno di Dio, fondato sull’amore. Non altro è. E il Messia non è re di popoli e milizie, ma re di spiriti. Dal popolo eletto verrà il Messia, dalla stirpe regale, e soprattutto da Dio che lo ha generato e mandato. Dal popolo di Israele si è iniziata la fondazione del Regno di Dio, la promulgazione della Legge d’amore, l’annuncio della buona Novella della quale parla il profeta. Ma il Messia sarà Re del mondo, Re dei re, e il suo Regno non avrà limite e confine, né nel tempo né nello spazio. Aprite gli occhi ed accettate la verità».

«Non abbiamo capito niente del tuo farneticare. Dici parole senza nesso. Parla e rispondi senza parabole. Sei o non sei il Messia?».

«E non avete ancora capito? Vi ho detto che sono Porta e Pastore per questo. Finora nessuno ha potuto entrare nel Regno di Dio perché esso era murato e senza uscite. Ma ora Io sono venuto e la porta per entrare in esso è fatta».

«Oh. Altri hanno detto di essere il Messia, e sono poi stati riconosciuti per dei ladroni e dei ribelli, e la giustizia umana ha punito la loro presunzione. Chi ci assicura che Tu non sei come essi? Siamo stanchi di soffrire e di far soffrire al popolo il rigore di Roma in grazia di mentitori che si dicono re e fanno alzare il popolo a sommossa!».

«No. Non è esatta la vostra frase. Voi non volete soffrire, ciò è vero. Ma che il popolo soffra non ve ne duole. Tanto è vero che al rigore di chi ci domina unite il vostro rigore, opprimendo con le decime esose e molte altre cose il popolo minuto. Chi vi assicura che Io non sia un malandrino? Le mie azioni. Non sarò Io quello che fa pesante la mano di Roma. Ma anzi, se mai, Io la alleggerisco consigliando a dominatori e dominati pazienza e umanità. Almeno queste».

Molta gente -perché ormai molta se ne è aggruppata e sempre cresce, tanto che ne è ingombro il traffico sulla via grande e perciò rifluiscono tutti nel vicoletto, sotto le volte del quale le voci rimbombano- approva dicendo: «Ben detto per le decime. È vero! Egli consiglia a noi sottomissione e ai romani pietà».

I farisei, come sempre, si inveleniscono per le approvazioni della folla e divengono ancor più mordenti nel tono con cui si rivolgono al Cristo. «Rispondi senza tante parole a dimostra che sei il Messia».

«In verità, in verità Io vi dico che lo sono. Io, Io soltanto sono la Porta dell’ovile dei Cieli. Chi non passa da Me non può entrare. È vero. Ci sono stati altri falsi Messia, e altri ancora ce ne saranno. Ma l’unico e vero Messia sono Io. Quanti sin qui sono venuti, dicendosi tali, non lo erano, ma erano soltanto ladri a briganti. E non solo quelli che si facevano chiamare Messia da pochi del loro stesso animo, ma anche altri ancora che, senza darsi quel nome, esigono però un’adorazione che neppure al vero Messia viene data. Chi ha orecchie per intendere intenda. Però osservate. Né ai falsi Messia né ai falsi pastori e maestri le pecore hanno dato ascolto, perché il loro spirito sentiva la falsità della loro voce che voleva mostrarsi dolce ed era crudele. Soltanto dei caproni li hanno seguiti per essere loro compagni nelle ribalderie. Caproni selvatici, indomiti, che non vogliono entrare nell’Ovile di Dio, sotto lo scettro del vero Re e Pastore. Perché questo, ora, si ha in Israele. Che Colui che è il Re dei re diviene il Pastore del gregge, mentre un tempo colui che era pastore di greggi divenne re, e l’Uno e l’altro vengono da un’unica radice, da quella di Isai, come è detto nelle promesse e profezie.

I falsi pastori non hanno avuto parole sincere né atti di conforto. Essi hanno disperso a torturato il gregge, o lo hanno abbandonato ai lupi, o lo hanno ucciso per trarne profitto vendendolo per assicurarsi la vita, o gli hanno sottratto i pascoli per fare di essi dimore di piacere a boschetti per gli idoli. Sapete quali sono i lupi? Sono le male passioni, i vizi che gli stessi falsi pastori hanno insegnato al gregge, praticandoli essi per primi. E sapete quali sono i boschetti degli idoli? Sono i propri egoismi davanti ai quali troppi bruciano incensi. Le altre due cose non hanno bisogno di essere spiegate perché è fin troppo chiaro il sermone. Ma che i falsi pastori così facciano è logico. Non sono che ladri che vengono per rubare, uccidere a distruggere, per portare fuori dall’ovile in pascoli infidi, o condurre a falsi ovili che non sono che macelli. Ma quelli che passano da Me sono al sicuro e potranno uscire per andare ai miei pascoli, o rientrare per venire ai miei riposi, e farsi robusti e pingui di succhi santi e sani. Perché Io sono venuto per questo. Perché il mio popolo, le mie pecorelle, sin qui magre e afflitte, abbiano la vita, e vita abbondante, e di pace e letizia. E tanto voglio questo che sono venuto a dar la mia vita perché le mie pecore abbiano la Vita piena e abbondante dei figli di Dio.

Io sono il Pastore buono. E un pastore quando è buono dà la vita per difendere il suo gregge dai lupi e dai ladroni, mentre il mercenario, che non ama le pecore ma il denaro che ricava dal condurle ai pascoli, non si preoccupa che di salvare se stesso e il gruzzolo che ha in seno e, quando vede venire il lupo o il ladrone, fugge, salvo poi tornare a prendere qualche pecora lasciata morente dal lupo, o dispersa dal ladrone, e uccidere la prima per mangiarla, o vendere come sua la seconda, aumentando il gruzzolo e dicendo poi al padrone, con bugiarde lacrime, che neppure una delle pecore si è salvata. Che importa al mercenario se il lupo azzanna e disperde le pecore, e il ladrone ne fa razzia per portarle al beccaio? Ha forse vegliato su esse mentre crescevano, e faticato per farle robuste?

Ma colui che è padrone e sa quanto costi una pecora, quante ore di fatica, quante veglie, quanti sacrifici, le ama ed ha cura di esse che sono il suo bene. Ma Io sono più che un padrone. Io sono il Salvatore del mio gregge e so quanto mi costi anche la salvezza di un’anima sola, e perciò sono pronto a tutto pur di salvare un’anima. Essa mi è stata affidata dal Padre mio. Tutte le anime mi sono state affidate col comando che Io ne salvi un numero stragrande. Quante più ne riuscirò a strappare alla morte dello spirito, e tanto più il Padre mio avrà gloria. E perciò Io lotto per liberarle da tutti i loro nemici, ossia dal loro io, dal mondo, dalla carne, dal demonio, e dai miei avversari che me le contendono per darmi dolore.

Io faccio questo perché conosco il pensiero del Padre mio. E il Padre mio mi ha mandato a fare questo perché conosce il mio amore per Lui e per le anime. E anche le pecore del mio gregge conoscono Me e il mio amore, e sentono che Io sono pronto a dare la mia vita per dare ad esse la gioia. E ho altre pecorelle. Ma non sono di questo Ovile. Non mi conoscono per ciò che Io sono, e molte ignorano che Io sia e chi Io sia. Pecorelle che a molti fra noi paiono peggio di capre selvagge e riputate indegne di conoscere la Verità e di avere la Vita e il Regno. Eppure non è così. Il Padre vuole anche queste, e perciò devo avvicinare anche queste, farmi conoscere, fare conoscere la buona Novella, condurle ai pascoli miei, radunarle. Ed esse pure daranno ascolto alla mia voce perché finiranno ad amarla. E si avrà un solo Ovile sotto un solo Pastore, e il Regno di Dio sarà composto sulla Terra, pronto ad essere trasportato e accolto nei Cieli, sotto il mio scettro e il mio segno e il mio vero Nome. Il mio vero Nome! È noto a Me soltanto! Ma quando il numero degli eletti sarà completo, e fra inni di tripudio si assideranno alla grande cena di nozze dello Sposo con la Sposa, allora il mio Nome sarà conosciuto dai miei eletti che per fedeltà ad Esso si saranno santificati, pur senza conoscere tutta l’estensione e la profondità di ciò che è essere segnati dal mio Nome e premiati per il loro amore ad Esso, né quale sia il premio... Questo Io voglio dare alle mie pecore fedeli. Ciò che è la mia stessa gioia...».

Gesù gira uno sguardo lucido di un pianto estatico sui visi rivolti a Lui, e un sorriso gli tremula sul labbro, un sorriso talmente spiritualizzato nel volto spiritualizzato che un brivido scuote la folla, che intuisce il rapimento del Cristo in una visione beatifica e il suo desiderio d’amore di vederla compita. Si riprende. Chiude un istante gli occhi, celando il mistero che la sua mente vede e che l’occhio potrebbe troppo tradire, e riprende:

«Per questo mi ama il Padre, o mio popolo, o mio gregge! Perché per te, per il tuo bene eterno Io do la vita. Poi la riprenderò. Ma prima la darò perché tu abbia la vita e il tuo Salvatore e vita di te stesso. E la darò in modo che tu te ne pasca, mutandomi da Pastore in pascolo e fonte che daranno cibo e bevanda, non per quaranta anni come per gli ebrei nel deserto, ma per tutto il tempo di esilio per i deserti della Terra. Nessuno, in realtà, mi toglie la vita. Né coloro che amandomi con tutti loro stessi meritano che Io la immoli per loro, né coloro che me la levano per odio smisurato e paura stolta. Nessuno me la potrebbe levare se da Me Io non consentissi a darla e se il Padre non lo permettesse, presi ambedue da un delirio d’amore per 1’Umanità colpevole. Da Me stesso Io la dono. E ho il potere di riprenderla quando voglio, non essendo conveniente che la Morte possa prevalere sulla Vita. Perciò il Padre mi ha dato questo potere, ed anzi il Padre questo mi ha comandato di fare. E per la mia vita, offerta e consumata, i popoli diverranno un unico popolo: il mio, il Popolo celeste dei figli di Dio, separandosi nei popoli le pecore dai caproni e seguendo le pecore il loro Pastore nel Regno della Vita eterna».

E Gesù, che ha fino allora parlato forte, si volge sottovoce a Sidonia detto Bartolmai, rimasto sempre davanti a Lui con il suo cestone di mele fragranti ai piedi, e gli dice:

«Tu hai dimenticato tutto per Me. Ora sarai certamente punito e perderai il posto. Lo vedi? Io ti porto sempre dolore. Per Me hai perduto la sinagoga e ora perderai il padrone...».

«E che me ne faccio di tutto ciò, se ho Te? Tu solo hai valore per me. E lascio tutto per seguirti, sol che Tu me lo concedi. Lascia soltanto che porti queste frutta a chi le ha comperate e poi sono con Te».

«Andiamo insieme. Poi andremo da tuo padre. Perché tu hai un padre e devi onorarlo col chiedergli la sua benedizione».

«Sì, Signore. Tutto ciò che vuoi. Però insegnami molto perché io non so nulla, proprio nulla, neppur leggere e scrivere, perché ero cieco».

«Non preoccuparti di ciò. La buona volontà ti farà scuola».

E si avvia per tornare sulla via principale, mentre la folla commenta, discute, litiga anche, incerta fra i diversi pareri che sono sempre i soliti: è Gesù di Nazaret un ossesso o un santo? La folla, discorde, disputa mentre Gesù si allontana.

Nessun commento: