4ª DOMENICA DI PASQUA
Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta
Domenica 29 Aprile
2012, IV Domenica di Pasqua - Anno B
Dal Vangelo di Gesù Cristo
secondo Giovanni 10,11-18.
Io
sono il buon pastore. Il
buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è
pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo,
abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è
un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono
me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per
le
pecore. E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io
devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e
un solo
pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per
poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me
stesso,
poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo.
Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel
"Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta
Volume 8 Capitolo 518
pagina 143
Gesù, entrato in città
dalla porta di Erode, sta attraversandola dirigendosi verso il Tiropeo a il borgo di Ofel.
«Al Tempio ci
andiamo?», chiede l’Iscariota.
«Sì».
«Bada a ciò che
fai!», ammoniscono in molti.
«Non mi fermerò che il
tempo della preghiera».
«Ti
tratterranno».
«No.
Entreremo dalle
porte di settentrione e usciremo dalle porte di mezzogiorno, e non
faranno a tempo ad organizzarsi per nuocermi. A meno che ci sia sempre
alle mie
spalle uno che mi sorveglia e indica».
Nessuno
ribatte e Gesù
prosegue verso il Tempio che appare, in cima al suo colle, quasi
spettrale nella luce verde giallastra di un plumbeo mattino d’inverno,
nel
quale il sole sorgente è soltanto un ricordo che si ostina a tenersi
presente cercando di aprirsi un varco nella nuvolaglia pesante. Sforzo
vano! Lo
splendere allegro dell’aurora non è ridotto che ad un riflesso smorto di
un giallo irreale, non diffuso, ma a chiazze miste a toni di piombo
venato di verde. E sotto a questa luce i marmi e gli ori del Tempio
appaiono smorti, tristi, direi lugubri come rovine emergenti da una zona
di
morte.
Gesù
lo guarda intensamente
nel salire verso la cinta. E guarda i volti dei viandanti mattutini. Per
la più parte umile gente: ortolani, pastori con le bestiole da macello,
servi o massaie diretti ai mercati. Tutta gente che va via silenziosa,
ravvolta nei mantelli, un poco curva per difendersi dall’aria vibrata
del
mattino. Anche i volti sembrano più pallidi che non come sono
solitamente i volti di questa razza. È la luce strana che li fa così
verdastri o
quasi perlacei nel contorno delle stoffe colorate dei manti, non certo
atti nei loro verdi, viola vivo, giallo intenso, a gettare riflessi
rosei sui
volti. Qualcuno saluta il Maestro, ma non si ferma. Non è ora propizia.
Mendichi non ce ne sono ancora a gettare il loro lamentoso grido ai
crocicchi
e sotto i voltoni che coprono le vie ad ogni poco. L’ora e la stagione
contribuiscono alla libertà, per Gesù, di andare senza
ostacoli.
Eccoli
alla cinta. Entrano.
Vanno nell’atrio degli Israeliti. Pregano mentre un suono di trombe,
direi di argento per il loro timbro, annuncia certo qualcosa di
importante,
spargendosi per il colle e mentre un profumo di incenso si sparge
soavemente, soverchiando ogni altro odore meno piacevole che possa
sentirsi in cima
al Moria, ossia il perpetuo, direi naturale, odore di carne che viene
sgozzata e consumata dal fuoco, di farina bruciata, di olio ardente che
stagna
sempre lassù, più o meno forte ma sempre presente per i continui
olocausti.
Vengono via per altra direzione e cominciano ad essere notati dai primi
accorrenti al Tempio, da appartenenti allo stesso, dai cambiavalute e
venditori che stanno montando i loro banchi e i loro recinti. Ma sono
troppo pochi, e la sorpresa è tale che non sanno agire. Fra loro si
scambiano
parole di stupore: «È tornato!», «Non è andato in Galilea come
dicevano», «Ma dove era nascosto, se non fu trovato in
nessun luogo?», «Vuole proprio sfidarli», «Che stolto!», «Che Santo!», e
così via, a seconda
dell’animo dei singoli.
Gesù
è già fuori dal
Tempio e scende verso la strada che va verso Ofel, quando, all’incrocio
con delle vie che salgono a Sion, si imbatte nel cieco nato, guarito da
poco, che carico di ceste piene di mele odorose cammina tutto allegro,
scherzando con altri giovani ugualmente carichi che vanno in senso
opposto al
suo. Forse al giovane passerebbe inosservato l’incontro, dato che egli
ignora il volto di Gesù e quello degli apostoli. Ma Gesù non ignora il
volto del miracolato. E lo chiama. Sidonia detto Bartolmai si volge e
guarda interrogativamente l’uomo alto e maestoso, nonostante sia vestito
umilmente, che lo chiama a nome dirigendosi ad una vietta.
«Vieni qui»,
ordina Gesù.
Il
giovane si avvicina senza
posare il suo carico, sogguarda Gesù e, credendolo uno desideroso di
acquistare le mele, dice: «Il mio padrone le ha già vendute. Ma ne ha
ancora, se vuoi. Sono belle a buone. Venute ieri dai pometi di Saron. E
se ne comperi molte ne hai un forte sconto,
perché...».
Gesù
sorride alzando la
destra a porre freno alla parlantina del giovane. E dice: «Non ti ho
chiamato per acquistare le mele, ma per rallegrarmi con te e benedire
con
te l’Altissimo che ti ha usato Grazia».
«Oh,
sì! Io lo faccio
di continuo, e per la luce che vedo a per il lavoro che posso fare,
aiutando mio padre e mia madre, finalmente. Ho trovato un buon padrone.
Non è
ebreo, ma è buono. Gli ebrei non mi volevano per... perché sanno che
sono stato cacciato dalla sinagoga», dice il giovane posando al suolo le
ceste.
«Ti hanno cacciato?
Perché? Che hai fatto?».
«Io
niente. Te lo
assicuro. Il Signore ha fatto. Egli in sabato mi ha fatto trovare
quell’uomo che si dice sia il Messia, ed Egli mi ha guarito, come Tu
vedi. E
per questo mi hanno cacciato».
Allora Colui che ti ha
guarito non ti ha fatto in tutto un buon servizio», tenta Gesù.
«Non lo dire, uomo! È una bestemmia la tua! Prima
di tutto mi ha mostrato che Dio mi ama, poi mi ha dato la vista... Tu
non sai cosa è “vedere”, perché hai sempre visto. Ma uno che non aveva
mai visto! Oh!... È... Sono tutte le cose insieme che si hanno
con la vista. Io ti dico che quando ho visto, là presso Siloe, ho riso e
pianto, ma di gioia, eh? Ho pianto come non avevo pianto nella
sventura.
Perché ho capito allora quanto essa era grande e quanto buono era
l’Altissimo. E poi posso guadagnarmi la vita, e con lavoro decoroso. E
poi...
questo è quello che più di tutto spero mi conceda il miracolo avuto e
poi spero poter incontrare l’uomo che si dice Messia a il suo discepolo
che mi ha...».
«E che faresti
allora?».
«Lo vorrei benedire.
Lui e il suo discepolo. E vorrei dire al Maestro, che deve venire proprio da Dio, di prendermi per suo servo.
«Come?
Per causa sua
sei all’anatema, con fatica trovi lavoro, puoi essere anche più punito, e
vuoi servirlo? Non sai che sono perseguitati tutti coloro che seguono
Colui che ti ha guarito?».
«Eh! lo so! Ma Egli è
il Figlio di Dio, così si dice fra noi. Per quanto quelli di lassù (e accenna al Tempio) non vogliono che si dica. E non merita lasciare tutto per servire Lui?».
«Credi tu dunque nel
Figlio di Dio e nella sua presenza in Palestina?».
«Io
lo credo. Ma vorrei
conoscerlo per credere in Lui non solamente nell’intelletto ma con tutto
me stesso. Se Tu sai chi è e dove si trova, dimmelo, perché io vada a
Lui e lo veda, e creda completamente in Lui, a lo serva».
«Lo hai veduto già,
né c’è bisogno che tu vada a Lui. Quello che tu vedi in questo momento e che ti parla è il Figlio di Dio».
Io
non potrei asserirlo con
piena sicurezza, ma mi è parso che nel dire queste parole Gesù abbia
quasi avuto una brevissima trasfigurazione, divenendo bellissimo e direi
splendente. Direi che, per premiare l’umile credente in Lui e
confermarlo nella sua fede, abbia, per la durata di un baleno, svelato
la sua
bellezza futura, voglio dire quella che assumerà dopo la risurrezione e
conserverà nel Cielo, la sua bellezza di Creatura umana glorificata, di
Corpo glorificato e fuso all’inesprimibile bellezza della Perfezione che
è sua. Un attimo, dico. Un baleno. Ma l’angolo semioscuro, dove
si sono ridotti per parlare, sotto l’archivolto del vicolo, si illumina
stranamente di una luminosità che si sprigiona da Gesù che, ripeto, si
fa bellissimo.
Poi torna tutto come prima,
meno il giovane che ora è a terra, col viso nella polvere, e che adora dicendo: «Io credo, Signore, mio Dio!».
«Alzati. Io sono venuto nel mondo per portare la
luce e la conoscenza di Dio e per provare gli uomini e giudicarli.
Questo
mio tempo è tempo di scelta, di elezione e di selezione. Io sono venuto
perché i puri di cuore e d’intenzione, gli umili, i mansueti, gli
amanti della giustizia, della misericordia, della pace, coloro che
piangono e quelli che sanno dare alle diverse ricchezze il loro reale
valore e
preferire quelle spirituali alle ricchezze materiali, trovino ciò che il
loro spirito anela, e quelli che erano ciechi, perché gli uomini hanno
alzato muraglie spesse ad interdire la luce, ossia la conoscenza di Dio,
vedano, e quelli che si credono veggenti divengano
ciechi...».
«Allora
Tu odii molta
parte degli uomini e non sei buono come dici di essere. Se lo fossi,
cercheresti che tutti vedessero, e chi già vede non divenisse cieco»,
interrompono alcuni farisei sopraggiunti dalla via principale e
avvicinatisi con altri, cautamente, alle spalle del gruppo
apostolico.
Gesù si volge a li guarda.
Non è certo più trasfigurato in dolce bellezza, ora! È
un Gesù ben severo quello
che fissa sui suoi persecutori i suoi sguardi di zaffiro, e la sua voce
non ha più la nota d’oro della letizia, ma è bronzea, e come suono di
bronzo è incisiva e severa mentre risponde: «Non sono Io
quello che voglio che non vedano la verità coloro che al presente la
combattono. Ma sono essi stessi che alzano delle lastre davanti alle
loro pupille per non vedere. E si fanno ciechi di loro libera volontà. E
il
Padre mi ha mandato perché la divisione avvenga e siano veramente noti i figli della
Luce a quelli delle Tenebre, coloro che vogliono vedere a coloro che vogliono farsi ciechi».
«Siamo forse anche noi
fra questi ciechi?».
«Se
lo foste a cercaste
di vedere, non ne avreste colpa. Ma è perché dite: “Noi ci vediamo”, e
poi non volete vedere, che peccate. Il vostro peccato rimane
perché non cercate di vedere pur essendo dei ciechi».
«E cosa dobbiamo
vedere?».
«La Via, la Verità, la Vita. Un
cieco nato, come era costui, col suo bastoncello può sempre trovare la
porta della sua
casa e girare in essa, perché conosce la sua casa. Ma, se fosse portato
in altri luoghi, non potrebbe entrare dalla porta della nuova casa,
perché
non saprebbe dove si trova e darebbe di cozzo contro le muraglie. Il
tempo della nuova Legge è venuto. Tutto si rinnova a un mondo nuovo, un
nuovo
popolo, un nuovo regno sorgono. Ora quelli del tempo passato non
conoscono tutto questo. Essi conoscono il loro tempo. Sono come dei
ciechi portati in
un nuovo paese dove è la casa regale del Padre, ma della quale non
conoscono l’ubicazione. Io sono venuto per condurli ed introdurli in
essa e
perché vedano. Ma sono Io stesso la Porta
per la quale si accede nella casa paterna,
nel Regno di Dio, nella Luce, nella Via, nella Verità, nella Vita. E
sono anche Colui che è venuto a radunare il gregge rimasto senza guida e
a
condurlo in un unico ovile: in quello del Padre. Io so la porta
dell’Ovile, perché sono insieme Porta a Pastore. E vi entro a vi esco
come e
quando voglio. E vi entro liberamente, e dalla porta, perché sono il
vero Pastore.
Quando
uno viene a dare alle
pecore di Dio altre indicazioni, o cerca traviarle portandole ad altre
dimore e ad altre vie, non è il buon Pastore, ma è un pastore idolo. E
così,
chi non entra dalla porta dell’ovile, ma cerca di entrarvi da un’altra
parte scavalcando il recinto, non è il pastore ma un ladro e un
assassino che vi entra con intento di rubare e di uccidere, perché gli
agnelli predati non abbiano voce di lamento e non richiamino
l’attenzione dei guardiani e del pastore. Anche fra le pecore del gregge
d’Israele cercano di insinuarsi dei falsi pastori per traviarle
fuori dai pascoli, lontane dal Pastore vero. E vi entrano disposti anche
a strapparle dal gregge con la violenza, e all’occorrenza sono anche
disposti ad ucciderle e colpirle in tante maniere, perché non parlino
dicendo al Pastore le astuzie dei falsi pastori né gridino a Dio di
proteggerle contro i loro avversari e gli avversari del Pastore.
Io
sono il buon Pastore a le
mie pecore mi conoscono, e mi conoscono coloro che sono in eterno i
portinai del vero Ovile. Essi hanno conosciuto Me e il mio Nome e lo
hanno detto
perché fosse noto ad Israele, e mi hanno descritto a preparato le mie
vie, e quando la mia voce si è udita, ecco che l’ultimo di essi mi ha
aperto la porta, dicendo al gregge in attesa del vero Pastore, al gregge
stretto intorno al suo bastone: “Ecco! Questo è Colui di cui ho detto
che viene dietro di me. Uno che mi precede perché esisteva prima di me
ed io non lo conoscevo. Ma per questo, perché siate pronti a riceverlo,
sono
venuto a battezzare con l’acqua, affinché fosse manifestato in Israele”.
E le pecore buone hanno sentito la mia voce e, quando le ho
chiamate per nome, esse sono accorse e le ho condotte con Me, così come
fa un vero pastore noto alle pecore che lo riconoscono alla voce a lo
seguono
dovunque egli vada. E quando le ha fatte uscire tutte, cammina davanti
ad esse, ed esse gli vanno dietro perché amano la voce del pastore.
Mentre non
vanno dietro ad uno straniero, ma anzi fuggono lontano da lui perché non
lo conoscono e lo temono. Io pure cammino davanti alle mie pecore per
segnare loro la via ed affrontare per primo i pericoli e segnalarli al
gregge, che voglio condurre in salvo nel mio
Regno».
«Che Israele non è
più forse il regno di Dio?».
«Israele è il luogo da
dove il popolo di Dio deve assurgere alla vera Gerusalemme a al Regno di Dio».
«E
il Messia promesso,
allora? Quel Messia che Tu asserisci di essere, non deve dunque rendere
trionfante Israele, glorioso, padrone del mondo, assoggettando al suo
scettro
tutti i popoli e vendicandosi, oh!, vendicandosi ferocemente di tutti
coloro che lo hanno assoggettato da quando è popolo? Non è vero nulla di
questo, allora? Tu neghi i profeti? Tu dici stolti i rabbi nostri?
Tu...».
(Prima parte)