Il
padre Rho e il padre Lireo raccontano che nella Gheidria, verso l'anno
1645, una ragazza chiamata Maria fu mandata un giorno da suo zio al
mercato di Nimega per comperare alcune cose, con l'ordine di restare la
sera in casa di una zia che abitava in quella città. La fanciulla
ubbidì, ma quando la sera andò a trovare la zia, fu rozzamente cacciata.
Si rimise dunque in cammino per ritornare a casa, ma essendosi fatta
notte, incollerita, chiamò il demonio ad alta voce. Questi le apparve
subito in forma di uomo e le promise di aiutarla, purché facesse una
cosa. - Farò tutto - rispose la disgraziata. - Non voglio altro che da
oggi in poi tu non ti faccia più il segno della croce e che cambi il tuo
nome. La ragazza rispose: - Non mi farò più il segno della croce, ma il
nome di Maria mi è troppo caro e non voglio cambiarlo. - E io non ti
aiuto - disse il demonio. Finalmente dopo molte discussioni decisero di
comune accordo che la fanciulla si chiamasse
con la prima lettera del nome di Maria, cioè Emme. Poi andarono ad
Anversa e per sei anni la poveretta rimase con quel pessimo compagno,
vivendo una vita così scellerata che era lo scandalo di tutti. Un giorno
disse che desiderava rivedere la patria e alla fine il demonio,
malgrado fosse contrario, fu costretto ad acconsentire. Arrivando nella
città di Nimega, trovarono che vi si rappresentava un'opera sulla vita
della santa Vergine. Allora la povera Emme, per quel po' di devozione
che aveva conservato verso la Madre di Dio, cominciò a piangere. « Che
facciamo, disse il compagno, vogliamo fare noi un'altra commedia? ».
Tentò di allontanarla da lì, ma poiché la giovane resisteva, vedendo che
ormai la perdeva, adirato la lanciò per aria e la fece cadere in mezzo
al teatro. Allora la poveretta, dopo aver raccontato la sua storia, andò
per confessarsi dal parroco, ma questi la mandò dal vescovo di Colonia e
il vescovo dal papa il quale, udita la sua confessione, le impose per
penitenza di portare continuamente tre cerchi di ferro: uno al collo e
due alle braccia. La penitente ubbidì e giunta a Maastricht, si
rinchiuse in un monastero di pentite, dove visse quattordici anni in
aspre penitenze. Una mattina, alzandosi dal letto, trovò che i tre
cerchi si erano rotti da soli. Due anni dopo morì in fama di santità e
volle essere sepolta con quegli stessi tre cerchi, che da schiava
dell'inferno l'avevano resa felice schiava della sua liberatrice.
Il
padre Rho e il padre Lireo raccontano che nella Gheidria, verso l'anno
1645, una ragazza chiamata Maria fu mandata un giorno da suo zio al
mercato di Nimega per comperare alcune cose, con l'ordine di restare la
sera in casa di una zia che abitava in quella città. La fanciulla
ubbidì, ma quando la sera andò a trovare la zia, fu rozzamente cacciata.
Si rimise dunque in cammino per ritornare a casa, ma essendosi fatta
notte, incollerita, chiamò il demonio ad alta voce. Questi le apparve
subito in forma di uomo e le promise di aiutarla, purché facesse una
cosa. - Farò tutto - rispose la disgraziata. - Non voglio altro che da
oggi in poi tu non ti faccia più il segno della croce e che cambi il tuo
nome. La ragazza rispose: - Non mi farò più il segno della croce, ma il
nome di Maria mi è troppo caro e non voglio cambiarlo. - E io non ti
aiuto - disse il demonio. Finalmente dopo molte discussioni decisero di
comune accordo che la fanciulla si chiamasse
con la prima lettera del nome di Maria, cioè Emme. Poi andarono ad
Anversa e per sei anni la poveretta rimase con quel pessimo compagno,
vivendo una vita così scellerata che era lo scandalo di tutti. Un giorno
disse che desiderava rivedere la patria e alla fine il demonio,
malgrado fosse contrario, fu costretto ad acconsentire. Arrivando nella
città di Nimega, trovarono che vi si rappresentava un'opera sulla vita
della santa Vergine. Allora la povera Emme, per quel po' di devozione
che aveva conservato verso la Madre di Dio, cominciò a piangere. « Che
facciamo, disse il compagno, vogliamo fare noi un'altra commedia? ».
Tentò di allontanarla da lì, ma poiché la giovane resisteva, vedendo che
ormai la perdeva, adirato la lanciò per aria e la fece cadere in mezzo
al teatro. Allora la poveretta, dopo aver raccontato la sua storia, andò
per confessarsi dal parroco, ma questi la mandò dal vescovo di Colonia e
il vescovo dal papa il quale, udita la sua confessione, le impose per
penitenza di portare continuamente tre cerchi di ferro: uno al collo e
due alle braccia. La penitente ubbidì e giunta a Maastricht, si
rinchiuse in un monastero di pentite, dove visse quattordici anni in
aspre penitenze. Una mattina, alzandosi dal letto, trovò che i tre
cerchi si erano rotti da soli. Due anni dopo morì in fama di santità e
volle essere sepolta con quegli stessi tre cerchi, che da schiava
dell'inferno l'avevano resa felice schiava della sua liberatrice.
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