Famiglia Cristiana, Jesus,
Concilium:
le riviste apparentemente ‘‘cristiane’’,
ma in realtà moderniste in salsa politically correct
Ciliegina sulla torta è ‘‘L’Eco di San Gabriele’’, la
rivista dei passionisti,
piena di articoli né formativi né edificanti fino all’errore vero e
proprio
di Fabrizio Cannone
Benedetto XVI ricordò nel
2005 che l’eresia della discontinuità era assai visibile in una «parte della teologia
moderna». Come quella, per esempio, che si esprime nelle riviste cattoliche di divulgazione, di approfondimento e di informazione (cfr. “Famiglia cristiana”, “Jesus”, “Concilium”, etc.).
Su “L’Eco di san Gabriele” (aprile 2012), rivista dei Passionisti italiani che reggono il
Santuario del grande San Gabriele dell’Addolorata, non si tratta neppure più di discontinuità, ma di metamorfosi. Ovvero si ha la
volontà di trasformare la religione cattolica in altro
da sé, fino al punto da renderla irriconoscibile a metà strada tra religione rivelata, protestantesimo liberale e odierno relativismo
etico.
La copertina presenta a tutta
pagina il volto del magistrato (ateo) Gherardo Colombo e riporta una sua frase in caratteri cubitali: «Educare alla libertà e non all’obbedienza». Ora, sapevamo che i religiosi cattolici, Passionisti inclusi, fanno voti
di povertà, castità e obbedienza, e non di «libertà» (?).
Come
si può inoltre gettare
il discredito su una parola come obbedienza, così legata al messaggio di
Cristo e del Vangelo? (cf. Gn 22,18; Rm 10,16; 1 Cor 16,16; Ef 6,1; Tt
3,1;
2 Cor 10,6).
Sempre in copertina una frase
generica e ambigua, tipica delle inchieste laiche: «Attenti, la famiglia, è violenta. Indagini e dati
preoccupanti». Senza commento! 84 pagine in formato magazine piene di articoli né formativi né edificanti, fino all’errore vero e proprio: non si sa davvero da che parte
iniziare.
Nell’intervista
a
Colombo, presentato come uno di quei santi laici che tanto piacciono a
certo mondo cattolico marxista, il magistrato afferma di non condividere
l’idea del carcere come «espiazione»: «Dire
a una persona che deve espiare significa dirle che deve pagare, che deve essere retribuita con il male per il male che ha fatto» (p. 17).
Lui invece che farebbe? Favorirebbe il “recupero” del criminale. E come? Né col carcere, né
tanto meno colla pena di morte perché «l’omicidio legale a opera dello stato (scritto colla
minuscola da un magistrato) è un cattivo insegnamento» poiché «insegna ad ammazzare rendendo
legittimo l’omicidio» (pp. 17-18).
E
la galera dunque
insegnerebbe ai cittadini la legittimità del sequestro di persona?
L’articolo sulla violenza domestica -causata in primis dal femminismo,
dal
nichilismo valoriale e dagli “amori deboli” di oggi- è tutto avverso alla famiglia presentata
come causa del male. Per il redattore la violenza intrafamiliare «è più pericolosa di quella della malavita organizzata, della mafia»
(p. 22). Come se
non fosse noto che tali storture, reali ma anche esagerate ad arte,
servono alle lobby anti-familiari per colpire l’ideale cristiano della
famiglia come base insostituibile della società.
Dipoi un certo Gianni di
Santo attacca direttamente la Chiesa (con la minuscola, ovviamente), proponendo
perfino dei candidati simbolo per riformarla. In «Quale chiesa domani?» (pp. 24-25) si parla
delle «questioni che la chiesa dovrà affrontare non più in un futuro lontano ma nel
presente», ovvero «dei temi che scottano rispetto alla storia e alla tradizione millenaria
della chiesa cattolica».
Fuor di metafora: celibato,
collegialità, ruolo delle donne…
Il giornalista confida in «una serie di personalità (…) che con coraggio e libertà indicano la via di un nuovo annuncio del
vangelo: Enzo Bianchi, i monaci camaldolesi, e i cardinali Martini e Ravasi» (p. 25).
Infine un altro articolo
propone il «matrimonio solidale» (pp. 26-27) sostituendo le Liste di nozze con «Liste di solidarietà». Bella idea, peccato che le associazioni proposte dalla rivista cattolica
siano nientemeno che Emergency, Save the Children e l’Unicef, il meglio cioè di quella “cultura di
morte” (pro aborto, eutanasia e teoria del gender) che secondo i Pontefici è «attivamente
promossa da forti correnti culturali, economiche e politiche» (Evangelium vitae, 12).
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